Vincenzo Maddaloni
5 min readJan 1, 2021

Per offrirne un ritratto esotico di lei hanno detto che è la “Donna che sussurra alle renne”. Per me è una donna coraggiosa che ha preferito l’Artico al Belpaese e perciò volentieri pubblico questo suo racconto che spiega le ragioni di una scelta ardita

Io che ho scelto la libertà al 62°parallelo. In Lapponia

di Luisa Trojanis

Io e il mio Ginger siamo simili. Entrambi amiamo gli spazi aperti e quell’ irrefrenabile istinto di fuga che si manifesta quando la realtà ci impone cambiamenti di rotta. Ginger ha un istinto formidabile — il vento è foriero di messaggi — alza il muso e protende tutto il corpo verso l’ignoto alla ricerca dì nuovi stimoli ed odori. Ginger e ‘ un animale gregario abituato a stare nel pack come in una grande famiglia e nonostante le abitudine domestiche sente l’ istinto della caccia, della preda, della sfida.

Ma per quanto sia nato libero anche Ginger ha delle regole da seguire — condizione necessaria per la reciproca convivenza. In queste terre non avrebbe una lunga vita se dovesse vagare da solo. Siamo nel territorio delle renne — nella mia zona ci sono due comunità di Sami, popolo indigeno allevatore di renne. Per questo popolo la pastorizia è fonte primaria di sostentamento , di lavoro di business- e qualsiasi potenziale predatore che attenti alla vita delle renne non verrebbe risparmiato.

Per ovviare a questo problema e tutelare anche le altre specie animali -come ad esempio il lupo — il governo svedese ha attuato un programma al quanto singolare; ogni qualvolta un lupo si avvicina a territori di pascolo , il predatore , in questo caso il lupo, viene narcotizzato e trasportato in altre aeree. Non so quanto questo sistema possa tutelare la vita di entrambi gli animali. Certo è che la natura dovrebbe pure seguire il suo corso E qualsiasi scelta e forzatura su di essa appare sempre inadeguata.

Photo/©redfoxdventure

C’è una luce speciale nel Grande Nord — cristallina , vivida — sfuma nell’ azzurro quando i raggi del sole si riflettono sulla neve candida. Raffiche di vento spostano cumuli di neve fresca rendendo i paesaggi simili alle dune dei deserti di sabbia. In un area così remota il senso di appartenenza alla natura si fa più intenso. Le prospettive cambiano e si ricomincia a dare importanza all`essenza delle cose. Ti soffermi così ad osservare e dare importanza alle forme di vita che incroci durante il quotidiano — i lemming ad esempio che nascosti sotto la neve fanno capolino dalle loro tane per poi sparire scavando tunnel sotto il manto innevato. Le tracce delle volpi artiche , dei daini nelle ore notturne — ed ancora delle pernici e lepri artiche dalla livrea immacolata durante gli inverni artici. Anche Ginger come me è attento a tutto questo e spesso ci fermiamo per lunghi istanti a scrutare l’ orizzonte. Ognuno ha la sua dimensione e senz’ altro “la solitudine” — termine temuto dai più — ha una sua importanza , se è frutto di una scelta.

Photo/©redfoxdventure

Non mi riferisco ad una solitudine di emarginazione, di estraniazione da un contesto umano e sociale — ma quella solitudine sana — un momento di pausa utile per fare chiarezza ed per individuare ciò che siamo e cio`che vorremmo essere. Una volta individuato ciò che per noi è essenziale, importante — tutto il resto che ci circonda è soltanto un appendice — che può e deve esserci — ma che non modifica le idee di fondo. Per quanto possibile la natura ci aiuta e in questo, mi sento più vicina ad essa invece che ad una società il cui contesto — se non dominato- investe le nostre vite come un boomerang.

Per il Grande Nord ho sempre avuto un attrazione speciale — non che non prediliga spiagge con le palme ma trovo nel Nord — nel Grande Nord — un fascino particolare. Questa stessa luce, queste immense distese fatte di nulla mi riportano alla creazione quando tutto ebbe inizio.

Quando gli elementi si infuriano ed il buio scende implacabile l’ istinto è quello di fuggire, di scappare via ma se per un attimo ti soffermi a guardare ti senti parte di quella furia , di quelle veemenza della natura — non vedi più niente se non le cime degli esili alberelli oscillare da una parte all’ altra poi dopo qualche minuto — ritorna il silenzio immobile e gli animali ricominciano ad uscire dai loro rifugi.

Photo/©redfoxdventure

Ma del resto nulla dura in eterno e dopo la tempesta sopraggiunge la quiete ed ancora dopo — un altra furia degli elementi — come in un eterno ritorno. Del resto i monaci tibetani lo sapevano molto bene. L’ essere attaccati a certezze materiali e tangibili se da un lato da sicurezza dall’ altro rivela la nostra debolezza nell’ incapacità di afferrare ciò che non sempre si vede. Per questo i monaci , nel loro percorso di crescita spirituale imparavano a costruire cose belle e subito dopo distruggerle per non rischiare di rimanere schiavi di bellezze effimere. E’ in questa “capacita” che sta il senso di tutto. Riuscire cioe` ad emarginare le cose effimere per imparare a ritrovare ed ascoltare se stessi. Ma in tutto questo, certo, non dico nulla di nuovo.

Luisa Trojanis

Vincenzo Maddaloni

He is a journalist who has travelled a lot, lived a lot, written a lot and hasn’t stopped…